La sentenza del Consiglio di Stato n. 10131, pubblicata ieri, 16.12.2024, “smonta” l’assunto
del TAR Puglia (sent. n. 607, del 16.5 scorso), che sembrava consentire di poter sostenere la
linea che, una volta pubblicata nell’Albo pretorio l’istanza del titolare di concessione
finalizzata all’estensione della durata della stessa al 31.12.2033, sulla base della legge n.
145/2018, sarebbe bastato che per tutto il periodo della pubblicazione non pervenissero
osservazioni o domande concorrenti, così confermando l’ottenimento dell’estensione della durata
ai sensi dell’art. 3, comma 2, della legge n. 118/2022.
Come è noto, tale norma prevede che “le concessioni e i rapporti di cui al comma 1, lettere a) e
b), che con atto dell’ente concedente sono individuati come affidati o rinnovati mediante procedura
selettiva con adeguate garanzie di imparzialità e di trasparenza e, in particolare, con adeguata
pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento, continuano ad avere
efficacia sino al termine previsto dal relativo titolo e comunque fino al 30 settembre 2027 se il
termine previsto è anteriore a tale data”.
Il CdS, invece, con la sentenza i cui contenuti qui si riportano in sintesi, ritiene che tale
procedura, basata su una lettura dell’art. 37 del cod. nav. e dell’art. 18 del relativo regolamento di
esecuzione che considera inadeguate rispetto alle regole vigenti, sia incoerente ed in contrasto con
le norme di cui all’art. 12 della “Direttiva Bolkestein”.
Secondo il CdS la giurisprudenza unanime ritiene indispensabile che il procedimento
informale di cui agli artt. 37 cod. nav. e 18 reg. es. cod. nav. si svolga con modalità idonee a
soddisfare gli obblighi di trasparenza, imparzialità e par condicio, rendendo effettivo il
confronto fra le istanze in comparazione e, quindi, le chances concorrenziali delle nuove
imprese contendenti.
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Inoltre, “sul presupposto per cui con la concessione di un’area pubblica si fornisce un’occasione
di guadagno a soggetti operanti sul mercato (come è nella specie), si impone (…) una procedura
competitiva per il rilascio della concessione, necessaria per l’osservanza dei ricordati principi a
presidio e tutela di quello, fondamentale, della piena concorrenza”.
Proprio alla luce di questi elementi, la procedura “informale” dell’art. 37 cod. nav. (e dell’art.
18 reg. es. cod. nav.), che prende le mosse da una domanda del privato, non solo non assicura
quelle adeguate condizioni di pubblicità che devono presiedere all’avvio, allo svolgimento e al
completamento della procedura selettiva, ma nemmeno possiede quegli adeguati requisiti di
imparzialità o “equidistanza”, da parte dell’ente concedente, che evitino qualsivoglia
atteggiamento di “favoritismo, anche indiretto”, nei confronti dei concessionari storici nella
formulazione della legge di gara, prendendo le mosse proprio dalla domanda del concessionario
stesso, ferme, ovviamente, le garanzie che la stessa legge di gara deve assicurare per gli
investimenti legittimamente effettuati e non ancora ammortizzati al momento in cui subentri un
nuovo concessionario.
Questi requisiti di imparzialità, massima partecipazione, non discriminazione e parità di
trattamento possono essere assicurati, infatti, solo dalla previa indizione di una gara, il cui
bando preveda almeno, tra l’altro e anzitutto, l’oggetto e la durata della concessione, l’entità del
canone (aggiornato) da pagarsi, i requisiti di partecipazione, i criteri di aggiudicazione nel rispetto,
appunto, dei princìpi di parità di trattamento, di massima partecipazione e di proporzionalità (il CdS
cita espressamente, a tal proposito, l’art. 4, commi 3 e 4 del d.l. n. 118 del 2022, nella versione
vigente dopo la l. n. 166 del 2024 “Salva infrazioni”).
Quello che viene definito “L’arcaico e informale modello dell’art. 37 cod. nav.” non può
dunque ritenersi, secondo i giudici, più adeguato alle esigenze di trasparenza e
concorrenzialità che permeano questo settore dell’ordinamento, nell’evoluzione che esso ha
subito, al pari di altri settori.
E’ vero, secondo il CdS, che gli Stati membri conservano un certo margine di discrezionalità
qualora decidano di adottare disposizioni destinate a garantire concretamente l’imparzialità e la
trasparenza di una procedura di selezione», ma «resta nondimeno il fatto che, imponendo
l’applicazione di una procedura di selezione imparziale e trasparente, l’articolo 12, paragrafo 1,
della direttiva 2006/123 prescrive, in maniera incondizionata e sufficientemente precisa, un
contenuto di tutela minima a favore dei candidati potenziali» (Corte di Giustizia UE, 20 aprile 2023,
in C-348/22).
È a quest’ultima affermazione della Corte, coerente con la propria pregressa e costante
giurisprudenza, che deve assegnarsi una valenza sostanziale di non poco rilievo per la questione qui
controversa. Risulta infatti evidente, alla luce del diritto nazionale, ma anche di quello
europeo, che l’applicazione di una procedura di selezione imparziale e trasparente, ora
prevista dall’art. 4 del d.l. n. 118 del 2022 (come da ultimo novellato dalla l. n. 166 del 2024), si
impone in maniera sufficientemente condizionata e precisa a tutte le autorità nazionali, a
cominciare da quelle comunali, tenute a dare applicazione al diritto europeo e alla (conforme)
legislazione nazionale.
L’appello proposto dal Comune contro la sentenza del TAR merita quindi condivisione, ad avviso
del CdS, in quanto la sentenza impugnata avrebbe errato allorché, in contrasto con i principi sin qui
chiariti, ha affermato che l’obbligo di pubblicazione per venti giorni consecutivi sull’albo comunale
della domanda di affidamento o rinnovo della concessione, durante i quali eventuali terzi interessati
al medesimo bene demaniale avrebbero potuto presentare osservazioni (e non domande concorrenti,
come invece si legge nella sentenza impugnata), può considerarsi una idonea modalità di
svolgimento di una procedura di competizione tra più operatori economici.
Invero, “il procedimento applicato dall’amministrazione comunale è stato avviato, come
bene rammenta il Comune appellante, non sulla scorta di un bando pubblico predisposto
dall’amministrazione pubblica secondo criteri di massima pubblicità, trasparenza e
imparzialità dei criteri di assegnazione del bene demaniale, bensì sull’istanza di proroga della
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concessione proposta dallo stesso gestore uscente della concessione demaniale cui ha fatto
seguito, ai sensi delle citate disposizioni del codice della navigazione, il c.d. rende noto affisso
all’Albo pretorio comunale”.
In questo caso, ad avviso del CdS, trattasi di una forma di comunicazione di rilievo solo
locale, priva di ogni modalità di evidenza pubblica che ha interessato soltanto il territorio del
Comune in questione, del tutto insufficiente e inadeguata a consentire il rispetto della tutela
minima della concorrenza imposta dalla Dir. n. 2006/123/CE, le cui disposizioni si applicano,
in modo incondizionato e sufficientemente preciso, quale contenuto di tutela minima a favore
di candidati potenziali.
Tale procedura non è adeguata a garantire la competitività tra imprese né sul piano pubblicitario,
del tutto insufficiente ad assicurare la conoscenza della procedura per eventuali operatori anche
residenti all’estero, né soprattutto sul piano contenutistico, avuto riguardo, per usare le parole della
Corte di Giustizia, a «un contenuto di tutela minima a favore dei candidati potenziali».
Secondo i giudici, ogni disposizione del diritto nazionale che non garantisca adeguate
procedure selettive precedute da idonee forme di pubblicità e, soprattutto, dalla
predisposizione di criteri imparziali e trasparenti, di fatto reitera e aggrava il soppresso
diritto di insistenza perché consente al concessionario uscente di ottenere il rinnovo della
concessione con un mero “simulacro di gara” o, addirittura, senza un reale confronto
competitivo, a condizioni di imparzialità garantite dall’amministrazione nazionale.
Per tutte le ragioni esposte, “l’insufficienza della procedura espletata a garantire condizioni eque
e trasparenti di selezione vizia in radice l’ottenimento della proroga da parte dell’impresa appellata
e rende irrilevante lo stesso fatto che non vi siano state osservazioni (o domande), posto che lo
stesso regime pubblicitario, inadeguato, non ha consentito né sufficiente conoscenza della
procedura né quella tutela minima della concorrenza a favore di potenziali candidati, richiesta dalla
Corte di Giustizia e puntualmente recepita dal legislatore nazionale, attraverso la citata previsione di
cui all’art. 3, comma 2, della legge n. 118/2022, la quale richiama la nozione di procedura
selettiva”.
Nuova classificazione ATECO 2025. Dato relativo all’esercizio del commercio su aree pubbliche. Rischio di perdita del riferimento all’anzianità di iscrizione. Lettera al Mimit.
o, l’Istat ha sviluppato la nuova classificazione ATECO 2025, che entrerà in vigore a partire dal 1° gennaio 2025 e sostituirà l’attuale versione della classificazione